Al termine di un iter normativo più che decennale e scandito da diverse tappe intermedie sia a livello nazionale che comunitario, l’obbligo dell’electronic invoicing è giunto a compimento in Italia più di un anno fa, precisamente il 1° gennaio 2019: questo, di fatto, ci permette non solo di realizzarne un primo bilancio, ma anche di evidenziare le sfide tutt’ora aperte.
Per comprendere la situazione attuale dell’electronic invoicing si possono citare i dati dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui in un anno sono state emesse 2.054.000.000 fatture elettroniche delle quali il 55% per operazioni tra soggetti passivi, il 44% verso consumatori finali e l’1% verso la pubblica amministrazione, ma soprattutto bisogna avere ben presenti le motivazioni della sua introduzione e i benefici cui essa ambisce, che ovviamente non si riducono alla dematerializzazione documentale. Riuscire a raggiungere e a concretizzare tutti questi vantaggi rappresenta, a 2020 ormai inoltrato, ancora la principale sfida dell’electronic invoicing.
Il ‘problema’ dell’electronic invoicing - se così lo possiamo definire – è proprio legato al suo carattere di imposizione normativa: trattandosi di un obbligo, è normale che molti soggetti abbiano ragionato unicamente in termini di conformità, ma così facendo hanno sfruttato – e stanno sfruttando – in minima parte il potenziale della fattura elettronica.
Se per la PA, electronic invoicing significa godere dei vantaggi della digitalizzazione uniti ad un aumento di efficienza nei controlli anti-frode, le aziende devono ragionare sempre di più in termini di vera e propria dematerializzazione di tutti i loro processi: sia pur importante, il beneficio principale di electronic invoicing non è mai stato quello dell’eliminazione dei costi legati al supporto cartaceo e alla sua conservazione, bensì l’automazione e l’integrazione dei processi, da cui riduzione degli errori, dei tempi di esecuzione, l’abbattimento dei costi, l’azzeramento del rischio di duplicazione e la riconciliazione automatica, nonché la possibilità di intraprendere attività di analisi dai dati ai fini di ottimizzazione dei processi.
In pratica, essendo la fatturazione elettronica uno dei pilastri del paperless office, deve essere interpretata dalle aziende come volano per l’innovazione. Ecco, se dovessimo identificare una sfida della fatturazione elettronica targata 2020, il primo pensiero andrebbe proprio alla necessità di realizzarne il pieno potenziale, cosa che non sempre accade.
Una delle grandi sfide dell’electronic invoicing è la perfetta integrazione dello strumento nel contesto aziendale, per il fine ultimo della semplificazione e dell’automazione dei processi.
Ogni azienda ha le sue peculiarità che dipendono dal settore in cui opera, dalla normativa in vigore, dalle policy dell’azienda stessa, dall’organizzazione e dai soggetti con cui intrattiene rapporti; per questi motivi, e molti altri, c’è bisogno di affidarsi ad uno strumento tecnico che non si limiti all’esecuzione del compito specifico, ma che si amalgami alla perfezione con queste peculiarità e recepisca, ovviamente, tutte le evoluzioni della normativa in merito per garantire, sempre e comunque, la massima compliance.
A livello pratico, questo può significare più cose: innanzitutto, la necessità che la piattaforma venga integrata con i sistemi informativi in uso - principalmente, con l’ERP -, ma anche che possa essere modellata e personalizzata ai fini di una corretta sinergia con le dinamiche e i processi dell’azienda stessa. Non dimentichiamo, infatti, che la fatturazione elettronica è nata per semplificare i processi, non per posizionarsi al di sopra di essi o per complicarli: è dunque fondamentale che, qualsiasi sia la piattaforma adottata, essa non solo gestisca il servizio a 360 gradi, dall’elaborazione del flusso fino al tracking della trasmissione, ma sia soprattutto in grado di armonizzarsi con l’esistente e, nelle ipotesi migliori, funga effettivamente da abilitatore di innovazione.