L’espressione fatturazione elettronica europea si riferisce a due fenomeni distinti:
I due casi necessitano di approfondimenti separati.
Il tema della fatturazione elettronica europea ha subito una forte accelerazione in tempi recenti, da cui la necessità di un adeguamento pressoché costante da parte delle imprese che intraprendono relazioni commerciali con l’estero.
Facendo seguito all’esempio dell’Italia, laddove la fatturazione B2B è obbligatoria dal 2019, molti Stati hanno decretato l’obbligatorietà della fatturazione elettronica B2G e anche B2B: in alcuni casi l’obbligo è già attivo, in altri è stata avviata la roadmap con cui raggiungerlo. Gli esempi sono moltissimi: nel 2022 la Romania ha avviato un progetto pilota che si è da poco trasformato in obbligo, e lo stesso iter sta coinvolgendo il Belgio (che ha scelto Peppol); sempre nel 2022, la e-invoice è diventata obbligatoria in San Marino e nel 2023 in Serbia, mentre nel corso del 2024 entrerà nel vivo in Polonia, Romania e Danimarca, oltre a svariati Stati extra UE. Più avanti nel tempo sarà la volta della Germania, che ha adottato un modello in tutto e per tutto europeo, della Finlandia, della Spagna e della Francia, che ha fatto molto parlare di sé per via dell’articolato modello scelto.
Il tema della fatturazione elettronica europea non è solo complesso di per sé, ma anche in continua evoluzione: l’azienda che fa o riceve fatture da un soggetto estero deve tenere in considerazione sia la propria normativa che quella del partner, entrambe soggette a continua evoluzione. Se a questo aggiungiamo che i modelli adottati dai vari Paesi sono molto diversi uno dall’altro e che le aziende sono solite avere rapporti commerciali con tanti fornitori esteri, in UE ed extra UE, la complessità diventa ancor più palese, così come l’urgenza di intraprendere un adeguamento tempestivo e continuo.
Come anticipato, l’espressione fatturazione elettronica europea può avere anche un significato diverso e più letterale rispetto al precedente, identificando il percorso intrapreso dall’UE con l’obiettivo di standardizzare le fatture transfrontaliere. Lo scopo è nobile: far sì che ogni Stato abbia un proprio modello di fatturazione interna ma che, nel rapporto tra imprese di Stati diversi (Intra UE), esista un solo formato, modello e canale di trasmissione, così da evitare la grande complessità di cui sopra.
Se internamente gli Stati si muovono con una certa rapidità (soprattutto negli ultimi anni), a livello centrale l’evoluzione è più lenta. Un formato europeo di fattura elettronica esiste, ma allo stato attuale il suo impiego non è obbligatorio: l’unico vincolo esistente riguarda le Pubbliche Amministrazioni europee, che devono essere in grado di acquisire ed elaborare fatture in formato UE. Ciò risolve i problemi della fatturazione nei rispettivi settori pubblici, ma non quella di tutto il macrocosmo privato (B2B).
In quest’ambito dovrebbe intervenire la direttiva ViDA (Vat in the Digital Age), che attualmente è una semplice proposta ma promette di accelerare in maniera molto forte l’intero tema della fatturazione elettronica europea. La direttiva regolamenta come debba essere fatta la e-invoice in Europa e introduce un’iniziativa nuova, il Digital Reporting, il cui fine è obbligare le aziende alla trasmissione della fattura cross-border verso una piattaforma centralizzata ai fini di registrazione fiscale.
Le novità più significative di ViDA per quanto concerne la fatturazione elettronica europea sono tre:
Come emerge chiaramente, ViDA accelera la transizione verso la fatturazione elettronica europea obbligatoria, richiedendo peraltro un adeguamento a tutti quei sistemi nazionali (come quello italiano) basati sul concetto di piena centralizzazione. Come detto, è una proposta e quindi subirà modifiche, ritardi e aggiornamenti. Ciò nonostante, emerge chiaro l’intento del legislatore europeo di accelerare il percorso verso la standardizzazione e l’obbligatorietà della fatturazione elettronica, nell’ottica di creare un sistema unico, efficiente e moderno.