Parlare di Intelligenza Artificiale in azienda significa occuparsi del più nitido trend tecnologico del momento. Lo scorso è stato un anno record per quanto concerne gli investimenti in AI, che hanno raggiunto i 500 milioni di euro in Italia crescendo del 32% rispetto all’anno precedente. Allo stato attuale, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, il 61% delle aziende ha avviato almeno un progetto di AI, una rilevazione peraltro in linea con quella degli analisti di McKinsey che parlano di un’adoption globale compresa tra il 50% e il 60%. Un tema ancora aperto riguarda la creazione di valore tangibile attraverso i progetti di AI, poiché attualmente solo una percentuale esigua di aziende riesce a raggiungere l’obiettivo; tuttavia, l'interesse, l'attenzione, la ricerca e gli investimenti nell'intelligenza artificiale in azienda sono in continua crescita.
In quanto parte integrante del macrocosmo della Data Science, qualsiasi tecnica di AI rappresenta una valorizzazione dei dati aziendali. Due i principali obiettivi:
Il supporto ai processi decisionali è la principale applicazione di intelligenza artificiale in azienda ed è totalmente trasversale rispetto alle divisioni aziendali e al settore. Lo è la previsione delle vendite basata sul Machine Learning così come una potenziale diagnosi clinica effettuata da un sistema CDSS (Clinical Decision Support System).
In ogni caso, l’adozione di AI è un processo, non un evento: serve definire gli obiettivi aziendali, mappare le sorgenti dati all’interno di ecosistemi informativi complessi, acquisire i dati, normalizzarli e valorizzali con tecniche di analisi descrittive, predittive o prescrittive (le tre principali tipologie di Big Data Analysis). A seguito di questo processo, e attraverso una fase di visualizzazione, è possibile prendere decisioni data-driven a beneficio delle performance aziendali.
Un’altra opportunità, ancora in evoluzione ma di grande prospettiva, è l’adozione dell’intelligenza artificiale in azienda in chiave di hyperautomation.
Sotto questo profilo, hyperautomation si pone come una sorta di estensione del caso precedente. Qui, infatti, l’intelligenza artificiale non aiuta i manager aziendali a prendere decisioni, ma ha un certo grado di autonomia decisionale e la usa per automatizzare processi non necessariamente di routine. In tale accezione, l’applicazione di AI nei processi aziendali supera le limitazioni della Robotic Process Automation (RPA) e configura una Intelligent Process Automation (IPA), che trasformata in approccio sistemico diventa effettivamente hyperautomation. Il risultato immediato è un incremento di efficienza dei processi, cui si somma l’impatto tangibile dell’innovazione.
In termini concreti, l’Intelligenza Artificiale acquisisce il dato e lo valorizza sulla base di diverse tecniche di analisi; in funzione del risultato ottenuto, poi, opta per un certo tipo di azione diretta sul processo, ovviamente all’interno di vincoli ben definiti e senza sostituirsi ai professionisti. Così facendo, riduce i volumi di lavoro pendenti sulle persone perché si fa carico di tutti i processi ripetitivi e anche di attività e fasi di processo che richiedono una certa capacità decisionale, più o meno evoluta a seconda delle esigenze e delle capacità tecniche dell’azienda.
I campi di applicazione sono gli stessi di RPA, essendo di fatto la sua logica evoluzione: i processi amministrativi e finanziari rappresentano l’area d’elezione, ma non si sottraggono di certo la gestione della supply chain, le operations e neppure l’IT. Non da ultimo, va segnalato che tutti i settori verticali possano trarre beneficio dall’adozione dell’intelligenza artificiale in azienda, dal finance al healthcare, passando per la manifattura.