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Costo del magazzino: come valutare il ROI dell'IoT

Scritto da Digital Technologies | 9 luglio 2020

Supponendo che il costo del magazzino, cioè delle operazioni logistiche interne, sia noto all’azienda, come valutare il ROI di un suo ‘aggiornamento’ all’IoT? Con la premessa di dover per forza ricorrere a una semplificazione, cerchiamo di inquadrare bene il discorso: il costo del magazzino è una voce molto importante nel bilancio delle aziende, voce che dipende dai costi di gestione degli spazi fisici, delle infrastrutture, dei sistemi, dei mezzi di movimentazione (transpallet, carrelli elevatori, trans elevatori…) e del lavoro. In passato, le aziende hanno a lungo sottostimato il costo della logistica: producevano (molto) più del necessario e, per far fronte a esigenze di stoccaggio in crescita, ampliavano i magazzini o ne costruivano di nuovi, col risultato di una vera e propria escalation di costi.

Fortunatamente, da qualche tempo le aziende hanno compreso la centralità della logistica e la necessità di ottimizzare le attività dei propri magazzini, che nel frattempo sono stati “informatizzati”. Nel caso in cui l’ottimizzazione del lead time sia fondamentale per la competitività dell’impresa - si pensi a un centro di distribuzione retail, un magazzino di e-commerce… -, i magazzini vengono gestiti da software dipartimentali ad hoc, noti come WMS (Warehouse Management System). Questi sono responsabili del governo delle attività logistiche end-to-end, ovvero dalla ricezione in ingresso del prodotto, della materia prima o del semilavorato fino alla spedizione, con tanto di gestione smart di tutte le tappe intermedie tra cui put away e, soprattutto, picking. Laddove tra la ricezione della merce e la spedizione del prodotto ci sia un ciclo produttivo in mezzo, al WMS si aggiunge solitamente il MES (Manufacturing Execution System), per quanto sia peraltro noto che i confini tra le due soluzioni non sono netti come potrebbe sembrare.


Costo del magazzino: l’avvento dell’IoT

Nel mare magnum delle soluzioni tecnologiche pensate per ottimizzare le operations, e quindi il costo del magazzino, i sensori e gli oggetti smart appartenenti al mondo dell’Internet of Things occupano una posizione centrale e attraggono buona parte degli investimenti in ottica di modernizzazione del magazzino. Qualche esempio? I mezzi a guida autonoma AGV possono essere impiegati per lo spostamento automatico dei pallet, oppure è possibile impiegare sistemi “GPS-like” di assistenza alla guida per la fase di picking, di modo tale che il carrellista – questa volta in carne ed ossa - faccia sempre la strada più breve per raggiungere l’unità di carico indicata dal sistema, con in più una gestione smart del traffico che impedisca collisioni tra i mezzi.

Non solo: si può poi parlare di tracking del prodotto tramite tag e lettori RFID, di sistemi avanzati di picking goods to person, in cui i prodotti vengono trasportati verso l’operatore e non viceversa, ma anche di sensori di ogni genere e natura, di droni utilizzati nottetempo per le operazioni di inventario e di intelligenza artificiale, che coordinata con i dispositivi IoT può influire positivamente sulle attività di inventory management (per la pianificazione avanzata dell’attività di inventario) e di demand forecasting, con benefici significativi a livello di gestione degli spazi del magazzino e dello stock. La tecnologia c’è: sta ovviamente ad ogni azienda valutare fin dove spingersi, tenendo in considerazione che un buon WMS è in grado di interfacciarsi con tutte queste tecnologie e anche con i magazzini completamente automatici.


Costo del magazzino e ROI dell’IoT

Torniamo ora alla domanda iniziale: le tecnologie ci sono, l’ottimizzazione è tangibile, ma ne vale la pena? Come valutare il ritorno sull’investimento? Ovviamente, la questione si complica: nel caso specifico non si tratta di costruire un magazzino da zero valutando il ROI di due o più progetti alternativi, ma di partire dall’esistente, investire in tecnologia e calcolare in quanto tempo l’azienda rientrerà dei capitali e genererà profitto. Nella fattispecie, quindi, si suppone che il costo del magazzino sia noto, così come l’investimento stanziato e si debba, in chiara ottica di payback, calcolare da un lato il risparmio nel tempo, dall’altro i maggiori introiti derivanti dalla soluzione adottata. Quello che non cambia tra pre e post-IoT è lo spazio fisico, quindi tendenzialmente la capacità in termini di pallet, a meno che l’introduzione di una tecnologia avanzata non obblighi a rivedere il layout interno.

Molti parametri, però, cambiano rispetto a prima: per esempio, la quantità di pallet gestiti, le merci movimentate, le spedizioni nell’unità di tempo e, soprattutto, il famoso lead time, che in ambito logistico-produttivo vuole dire molte cose diverse ma in questo caso identifica il tempo che intercorre tra la ricezione dell’ordine e la spedizione del prodotto. In pratica, con l’investimento in IoT aumenta la produttività nell’unità di tempo, con tutte le conseguenze del caso a livello di aumento degli introiti. In più c’è tutto il discorso dell’automazione: introdurre WMS, sensori e mezzi AGV rende molto più efficienti gli stessi operatori e, in alcuni casi, permette agli imprenditori di rifocalizzarli su attività a valore aggiunto anziché su compiti di routine, con una evidente ripercussione sui costi e quindi un’accelerazione del payback.

Infine, sempre l’automazione permette lavorazioni continue 24/7: sarà senz’altro un caso limite, ma si pensi appunto ai droni che effettuano autonomamente operazioni di inventario all’interno degli scaffali, evitando agli operatori una delle attività più ripetitive in assoluto, e agli imprenditori un costo non indifferente. Sulla base di tutti questi elementi è possibile quantificare la maggiore efficienza portata dalle soluzioni IoT, che si traducono quindi in benefici tangibili in tempi assolutamente ristretti.